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La Tresca Perfetta
Blake Pierce


Un thriller psychologique avec Jessie Hunt #7
“Un capolavoro del thriller e del mistero. Blake Pierce ha fatto un ottimo lavoro sviluppando dei personaggi con un lato psicologico così ben descritto da farci sentire come dentro alle loro teste, seguendo le loro paure e gioendo per i loro successi. Pieno di svolte, questo libro vi terrà svegli fino a che non girerete l’ultima pagina.”

–-Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Il killer della rosa)



LA TRESCA PERFETTA è il libro #7 di una nuova serie di thriller psicologici dell’autore campione d’incassi Blake Pierce, il cui best seller numero #1, Il killer della rosa (scaricabile gratuitamente) ha più di 1.000 recensioni da cinque stelle.



Una porno star viene trovata morta, e il Dipartimento di Polizia di Los Angeles non dà al fatto la dovuta importanza. Ma l’agente dell’FBI Jessie Hunt, 29 anni, ha la sensazione che ci sia in ballo qualcosa di molto più sinistro, qualcosa che potrebbe arrivare a toccare i gradini più alti del potere e della società.



Un thriller psicologico veloce e pieno di suspence, con dei personaggi indimenticabili, LA TRESCA PERFETTA ГЁ il libro #7 di una nuova serie che vi terrГ  incollati alle pagine e non permetterГ  quasi di andare a dormire.



Il libro #8 della serie di Jessie Hunt sarГ  presto disponibile.





Blake Pierce

LA TRESCA PERFETTA




l aВ В  t r e s c aВ В  p e r f e t t a




(un emozionante thriller psicologico di jessie hunt—libro 7)




b l a k eВ В  p i e r c e




edizione italiana


a cura di


Annalisa Lovat




Blake Pierce


Blake Pierce è l’autore statunitense oggi campione d’incassi della serie thriller RILEY PAGE, che include diciassette. Blake Pierce è anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE che comprende quattordici libri; della serie mistery AVERY BLACK che comprende sei libri;  della serie mistery KERI LOCKE che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE che comprende cinque libri; della serie mistery KATE WISE che comprende sette libri; dell’emozionante mistery psicologico CHLOE FINE che comprende sei libri; dell’emozionante serie thriller psicologico JESSE HUNT che comprende sette libri (e altri in arrivo); della seria thriller psicologico RAGAZZA ALLA PARI, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della serie mistery ZOE PRIME, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della nuova seria thriller ADELE SHARP e della nuova serio di gialli VIAGGIO IN EUROPA.



Un avido lettore e da sempre amante dei generi mistery e thriller, Blake ama avere vostre notizie, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.blakepierceauthor.com (http://www.blakepierceauthor.com/) per saperne di piГ№ e restare informati.








Copyright © 2020 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright JakubD, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.



LIBRI DI BLAKE PIERCE

LA SERIE THRILLER DI ADELE SHARP

NON RESTA CHE MORIRE (Libro #1)

NON RESTA CHE SCAPPARE (Libro #2)

NON RESTA CHE NASCONDERSI (Libro #3)



THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Volume#1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Volume #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Volume #3)



LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)



THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)



I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)

LA TRESCA PERFETTA (Libro #7)



I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)

FINESTRE OSCURATE (Libro #6)



I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)

SE LEI UDISSE (Libro #7)



GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

PERSECUZIONE (Libro #5)



I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)



UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE

UNA LEZIONE TORMENTATA



I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)

PRIMA CHE INSEGUA (Libro #13)

PRIMA CHE FACCIA DEL MALE (Libro #14)



I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)



I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)




CAPITOLO UNO


Risuonarono degli spari e Jessie si svegliГІ di soprassalto.

Mezza addormentata, rotolò giù dal letto, afferrò la pistola dal suo comodino e corse verso la porta della camera da letto. Sembrava che gli spari arrivassero dal salotto. Guardò l’orologio: 1:08.

Mise da parte il pensiero di come qualcuno avesse potuto fare irruzione nel suo appartamento, eludendo tutte le ferree misure di sicurezza, e si concentrò sul compito che aveva per mano. C’era una minaccia dall’altra parte della porta. Non era in pericolo solo lei, ma anche Hannah, che dormiva nella stanza degli ospiti dal lato opposto del salotto.

Jessie fece un lungo, lento e profondo respiro prima di aprire la porta e sbirciare fuori. Vide un tenue bagliore nella stanza, prima che una seconda raffica di spari non la costringesse a ripararsi dietro alla parete. L’aggressore l’aveva vista? Si stava preparando a strisciare nel salotto, quando sentì una voce.

“Sei circondato, Johnny. Vieni fuori con le mani in alto,” ordinò una severa voce maschile.

Improvvisamente si udì una musica angosciante.

“Non mi ammazzerai mai!” gridò qualcuno con una netta parlata da gangster.

Jessie si permise di respirare normalmente per la prima volta in trenta secondi. Abbassando la pistola, si alzГІ in piedi ed entrГІ in salotto, dove vide che la televisione era accesa e sintonizzata su un qualche film giallo in bianco e nero.

Prese il telecomando dal tavolino e spense il televisore. Il cuore le stava ancora battendo forte mentre attraversava il salotto, spostando vestiti, scarpe e riviste da terra, arrivando infine alla porta aperta della camera di Hannah.

InfilГІ dentro la testa, dove vide la sorellastra diciassettenne, Hannah Dorsey, rannicchiata sul letto, addormentata. La ragazza aveva calciato via le coperte e si teneva abbracciata, tremando leggermente.

Jessie si avvicinГІ in punta di piedi, prese il piumone e glielo posГІ delicatamente sopra. La ragazza stava bofonchiando qualcosa di incomprensibile. La profiler criminale rimase in piedi accanto a lei, cercando di cogliere qualche parola. Ma dopo pochi secondi decise che non ci sarebbe riuscita e si arrese.

Tornò verso la porta, sempre in punta di piedi, si diede un’ultima occhiata alle spalle e poi chiuse la camera. Nonostante la implorasse di non farlo, questa era la terza volta nel corso dell’ultima settimana che Hannah lasciava la televisione accesa prima di andare a letto. Per fortuna era la prima volta che Jessie veniva risvegliata dal rumore di spari.

In parte avrebbe voluto scuotere la ragazza e svegliarla, trascinandola in salotto perchГ© spegnesse lei la TV. Ma da quanto aveva appreso dalla newsletter sul ruolo dei genitori a cui si era recentemente iscritta, gli adolescenti avevano bisogno di un sacco di sonno in piГ№ per consentire a mente e corpo di crescere. Inoltre, se avesse interrotto il sonno di Hannah per rimproverarla, il giorno dopo sarebbe stata lei a pagarne le conseguenze, perchГ© si sarebbe trovata contro una maggiore scontrositГ .

Mentre attraversava il salotto per tornare in camera sua, Jessie si chiese se mai da qualche parte quella newsletter parlasse del bisogno di sonno extra, di tanto in tanto, anche per le professioniste quasi trentenni. Stava sorridendo sotto ai baffi, quando inciampГІ in una scarpa che Hannah aveva lasciato in mezzo alla stanza. Cadde sul pavimento, sbattendo con il ginocchio contro il tavolato di legno.

Si sforzò di trattenere le parolacce che avrebbe voluto gridare. Si limitò invece a sbuffare silenziosamente mentre si rimetteva in piedi e tornava zoppicante verso il suo letto. Con il ginocchio dolorante, il cuore ancora agitato e i pensieri che le vorticavano nella testa, si rassegnò a un’altra notte insonne, cortesia offertale dall’adolescente che aveva accettato di ospitare a casa sua.

Mi sa che dormivo meglio quando avevo un serial killer che mi dava la caccia.

Il suo tetro umorismo la fece ridere, ma non le fece certo prendere sonno.


*

“Non sono stata io,” disse Hannah con rabbia.

Jessie sedeva di fronte a lei al tavolo della colazione, stupefatta. Non poteva credere che la ragazza lo stesse negando.

“Hannah, qui vivono solo due persone. Io sono andata a letto prima di te. Quando ti ho detto buonanotte, stavi guardando la TV. Quando mi sono svegliata nel cuore della notte, era accesa. Non è necessario lavorare per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles per sapere chi l’ha dimenticata accesa.”

Hannah la guardГІ torva in volto, gli occhi verdi carichi di sicurezza e determinazione.

“Jessie, non voglio mancare di rispetto. Ma hai ammesso di fare fatica a dormire ultimamente. E alla tua età la memoria può cominciare a fare degli scherzi. Non può darsi magari che ti stia dimenticando qualcosa che tu hai effettivamente fatto, e ora me ne dai la colpa perché ti aggrappi allo stereotipo dell’adolescente pigra e smemorata?”

Jessie la fissò, ammutolita dalla sfrontatezza di Hannah. Era una mossa sorprendente, mentire su qualcosa di così ovvio, per nessun ragionevole motivo.

“Sai che di lavoro do la caccia ai serial killer, giusto?” le ricordò. “Non sono esattamente suscettibile a farmi dare della pazza da te.”

Hannah diede l’ultimo morso al suo toast e si alzò in piedi, i capelli biondo sabbia che le ricadevano sul viso mentre si rizzava in tutta la sua allampanata altezza di un metro e ottanta, solo pochi centimetri più bassa di Jessie.

“Non dobbiamo andare all’appuntamento con quella terapeuta questa mattina?” le chiese, ignorando del tutto il suo commento. “Pensavo fosse alle nove. Sono le otto e trentadue adesso.”

Andò verso la sua camera per finire di vestirsi, lasciando il piatto e la tazza vuoti sul tavolo. Jessie lottò contro l’impulso di richiamarla indietro e dirle di mettere quella roba nella lavastoviglie.

Si ricordГІ dei limiti personali che aveva stabilito quando Hannah si era trasferita a vivere da lei due mesi prima. Lei non era, e non avrebbe cercato di essere, un genitore della ragazza. Il suo lavoro era di fornire un ambiente sicuro per la sorellastra che non aveva mai conosciuto prima, in modo che si potesse riprendere dopo una serie di traumatici eventi. Il suo lavoro era di aiutare Hannah e reintegrarla in un mondo che sembrava essere fitto di pericoli. Il suo lavoro era di fungere da fonte di supporto e sicurezza. Jessie sapeva tutto questo, istintivamente e intellettivamente, eppure non poteva fare a meno di chiedersi perchГ© diamine quella ragazzina non potesse mettere via un dannato piatto.

Mentre puliva e riordinava, si disse per la millesima volta che era tutto normale, che Hannah si stava comportando in modo da poter affermare il controllo sulla propria vita, cosa che ultimamente le era mancata. Doveva convincersi che non era niente di personale e che non sarebbe durato per sempre.

Continuò a ripetersi tutte queste cose. Ma dentro di sé non era sicura di credere a nessuna di esse. C’era una parte di lei che temeva che Hannah avesse dentro di sé una parte più oscura. E aveva paura che fosse irreversibile.




CAPITOLO DUE


Jessie stava diventando ansiosa.

Sapeva che la seduta di Hannah con la dottoressa Lemmon sarebbe finita da un momento all’altro. La ragazza sarebbe uscita dall’ufficio piangendo come era successo dopo l’ultimo incontro? O a muso duro come dopo i primi due?

Se qualcuno poteva avvicinarsi ad Hannah, Jessie doveva credere che fosse la dottoressa Janice Lemmon. Nonostante il suo aspetto senza pretese, con quella donna non si poteva scherzare. La sua struttura minuta, i capelli biondi permanentati e gli occhiali spessi facevano assomigliare la terapeuta comportamentale sessantenne più a una nonna che a uno dei più stimati esperti di comportamenti aberranti nella West Coast. Ma sotto quell’aspetto ordinario si trovava una donna così fortemente rispettata da far ancora di tanto in tanto da consulente per l’LAPD, l’FBI e altre organizzazioni di cui non parlava mai. Tra le altre cose, era anche la terapeuta di Jessie.

All’inizio Jessie si era preoccupata che dovendo trattare anche Hannah, avrebbe potuto trovarsi invischiata in un conflitto di interessi. Ma dopo qualche discussione, avevano concordato che c’erano pochi dottori qualificati per trattare una ragazza che aveva vissuto le esperienze di Hannah. E dato che la dottoressa Lemmon già conosceva profondamente parte della storia famigliare della giovane, era decisamente la scelta più logica.

Dopotutto era stata la dottoressa Lemmon ad aiutare Jessie a gestire la realtà che suo padre fosse il noto serial killer Xander Thurman. Era stata la dottoressa Lemmon ad accompagnarla attraverso gli incubi e l’ansia generati dall’aver assistito all’assassinio di sua madre per opera di suo padre, quando aveva solo sei anni. Era stata la dottoressa Lemmon a indurla ad aprirsi e a rivelare che era stata abbandonata da lui in un capanno in mezzo alla neve, destinata a morire, intrappolata per tre giorni accanto al cadavere in putrefazione della donna che chiamava mamma. Era stata la dottoressa Lemmon ad aiutarla a recuperare la sicurezza di poter affrontare suo padre quando era rientrato nella sua vita, ventitré anni più tardi, interessato a convertirla e trasformarla in un’assassina che operasse insieme a lui, o a ucciderla se non avesse accettato.

La donna era tra i terapeuti l’unica ovvia scelta, per poter lavorare con la sua sorellastra, che aveva in comune con lei lo stesso padre e incubi di simile brutalità. Solo pochi mesi prima, Thurman aveva rapito Hannah e i suoi genitori adottivi e aveva costretto la ragazza a guardare mentre li assassinava. Aveva quasi ucciso anche Jessie davanti ai suoi occhi. Solo la loro capacità di pensare rapidamente e il loro comune coraggio avevano permesso alle due donne di girare le carte in tavola e ucciderlo.

Ma anche dopo questo, il trauma di Hannah non era finito. Solo pochi mesi dopo la morte dei suoi genitori adottivi, un altro serial killer di nome Bolton Crutchfield, un seguace di suo padre con una certa fissa per Jessie, aveva ucciso i genitori affidatari della ragazza davanti a lei e l’aveva poi rapita. L’aveva tenuta per una settimana nello scantinato di una casa isolata, cercando di indottrinarla, di modellarla a suo piacimento insegnandole a uccidere come Thurman e lui stesso.

Lei era sopravvissuta anche a quell’orrore, salvata da Jessie e da un furbo doppio gioco ideato da lei stessa. Bolton Crutchfield era finito ucciso. E anche se non era più una minaccia fisica, Jessie non era così sicura che non fosse riuscito a infiltrarsi nella mente di Hannah, corrompendola con la sua fede malata, fatta di sangue e nichilismo.

Jessie si alzò in piedi, in parte per sgranchirsi, ma anche perché poteva sentire che stava sprofondando in una sorta di sabbie mobili mentali. Guardò la propria immagine riflessa nello specchio della sala d’aspetto. Doveva ammettere che, nonostante avesse passato gli ultimi due mesi come inaspettato tutore di un’adolescente problematica, aveva ancora un aspetto presentabile.

I suoi occhi verdi erano chiari e limpidi. I capelli castani lunghi fino alle spalle erano puliti, morbidi e sciolti, liberi dalla solita coda di cavallo che portava al lavoro. Un lungo periodo passato senza la paura di essere braccata da un serial killer le aveva permesso di recuperare una routine lavorativa semi-normale, donando alla sua statura di oltre un metro e ottanta una forza e una soliditГ  che da tempo aveva perduto.

La cosa più impressionante di tutte era che nessuno dei suoi casi recenti si era presentato con sparatorie, attacchi con arma da taglio o niente che si avvicinasse a ferite personali. Come risultato, Jessie non aveva aggiunto nessuna nuova cicatrice alla sua enorme collezione, che includeva un segno all’addome, graffi lungo braccia e gambe e una lunga cicatrice rossastra a forma di luna che le percorreva per dieci centimetri circa la base del collo, dalla clavicola alla spalla destra.

La toccò senza pensarci, chiedendosi se stesse per arrivare il momento in cui qualcuno l’avrebbe vista, insieme a tutte le altre. Aveva la sensazione che lei e Ryan si stessero avvicinando al punto in cui sarebbero stati in grado di studiare vicendevolmente da vicino le loro imperfezioni.

Il detective Ryan Hernandez era, oltre al collega che la affiancava regolarmente nei casi, anche il suo ragazzo. Era strano usare quel termine, ma non c’era modo di aggirarlo. Si frequentavano semi-regolarmente almeno da quando Hannah si era trasferita a vivere da lei. E anche se non erano ancora arrivati a quel passo fisico finale, sapevano entrambi che ci mancava poco. L’attesa e l’imbarazzo rendevano l’ambiente lavorativo piuttosto interessante.

Jessie fu risvegliata dai suoi pensieri dalla porta che si apriva. Hannah né uscì, il suo aspetto né turbato né chiuso. Sembrava stranamente… normale, cosa che, considerato tutto quello che aveva vissuto, sembrava di per sé bizzarro.

La dottoressa Lemmon uscì insieme a lei e incrociò lo sguardo di Jessie.

“Hannah,” disse la donna, “voglio parlare un paio di minuti con Jessie. Ti spiacerebbe aspettare un momento qui?”

“Nessun problema” rispose Hannah sedendosi. “In due dovreste riuscire a determinare se sono pazza o no. Io avvertirò solo lo stato della vostra enorme violazione della regola della riservatezza sanitaria.”

“Mi pare una buona idea,” rispose la dottoressa Lemmon, senza adescare all’amo. “Vieni dentro, Jessie.”

Jessie si accomodГІ sulla stessa poltroncina che usava per le sue sedute e la dottoressa Lemmon prese posto sulla sedia di fronte a lei.

“Voglio essere breve,” disse la donna. “Nonostante il suo sarcasmo, non penso che sia di aiuto ad Hannah la preoccupazione che io stia condividendo con te i dettagli di ciò che mi dice, anche se le ho assicurato che non l’avrei fatto.”

“Che non l’avrebbe fatto o non avrebbe potuto farlo?” insistette Jessie.

“È ancora sotto i diciotto anni, quindi tecnicamente, in quanto suo tutore, potresti insistere. Ma penso che questo andrebbe a minare la fiducia che sto cercando di sviluppare con lei. Ci è voluto un po’ per indurla ad aprirsi in un modo reale. Non voglio mettere a rischio questo risultato.”

“Capisco,” disse Jessie. “Allora perché sono qua dentro?”

“Perché sono preoccupata. Senza entrare nei dettagli, dirò che a parte una seduta in cui ha mostrato un po’ di emozione riguardo a ciò che ha vissuto, Hannah è ampiamente… indifferente. In retrospettiva, dopo averla conosciuta, sospetto che quell’unica dimostrazione di emozione sia stata effettuata a mio beneficio. Hannah sembra essersi dissociata dagli eventi che le sono accaduti, come se fosse stata un’osservatrice, piuttosto che una partecipante.”

“La cosa non mi sembra sorprendente,” disse Jessie. “Anzi, la sento scomodamente familiare come sensazione.”

“Come è giusto che sia,” confermò la dottoressa Lemmon. “Tu stessa hai attraversato un periodo simile. È un modo piuttosto consueto del cervello per spiegare un trauma personale. Categorizzare degli eventi traumatici o disconnettersi da essi non è insolito. Quello che mi preoccupa è che Hannah non sembra farlo per proteggersi dal dolore di ciò che le è successo. Sembra aver semplicemente cancellato il dolore dal suo sistema, quasi come un disco fisso che viene svuotato. È come se non vedesse come doloroso quello che ha vissuto, ma le considerasse semplicemente delle cose che sono accadute. Si è narcotizzata e li considera fatti che non hanno niente a che vedere con lei o con la sua famiglia.”

“E mi viene da pensare che non sia una mossa salutare?” chiese Jessie pensierosa, mentre si spostava nervosamente sulla sua poltroncina.

“Odio dover giudicare la cosa,” disse la dottoressa Lemmon con il suo solito tono misurato. “Per lei sembra funzionare. La mia preoccupazione è dove questo possa portare. Le persone che non riescono a entrare nel proprio dolore emotivo, a volte arrivano al punto in cui non sono in grado di riconoscere il dolore degli altri, emotivo o fisico che sia. La loro capacità di provare empatia si disintegra. Questo può spesso portare a un comportamento socialmente inaccettabile.”

“Quello che mi sta descrivendo sembra sociopatia,” sottolineò Jessie.

Sì,” confermò la dottoressa Lemmon. “I sociopatici mostrano alcune di queste caratteristiche. Non farei una diagnosi formale per Hannah, sulla base del tempo limitato che abbiamo passato insieme. Buona parte di questo potrebbe essere semplicemente attribuito a un profondo stato di DPTS. Ad ogni modo, hai notato qualche comportamento che possa essere ricondotto a ciò che ho appena descritto?”

Jessie pensò agli ultimi mesi, a partire dall’inesplicabile e insensata bugia riguardo alla televisione quella mattina stessa. Ricordò come Hannah si fosse lamentata quando Jessie aveva insistito nel portare da un veterinario un gattino malato e abbandonato che avevano trovato nascosto sotto a un cassonetto. Ricordò come la ragazza fosse rimasta in silenzio per ore, indipendentemente da ciò che Jessie aveva fatto per tentare di farla parlare. Pensò alla volta che aveva portato Hannah in palestra e a come la sua sorellastra aveva iniziato a prendere a pugni il pesante sacco senza indossare guanti, colpendolo fino a trovarsi con le mani scorticate e sanguinanti.

Tutti quei comportamenti sembravano corrispondere alla descrizione della dottoressa Lemmon. Ma si potevano anche facilmente interpretare come le azioni di una giovane donna che cerca di elaborare il suo dolore interiore. Niente di tutto questo significava che Hannah fosse una futura sociopatica. Jessie non voleva neanche avvicinarsi a un’etichetta del genere, neppure con la dottoressa Lemmon.

“No,” mentì.

La terapeuta la guardò, ovviamente poco convinta. Ma non insistette, passando a un’altra priorità.

“Come va la scuola?” le chiese.

“Ha iniziato la settimana scorsa. L’ho inserita nella scuola superiore terapeutica che lei mi ha consigliato.”

“Sì, io e lei ne abbiamo parlato brevemente,” confermò la dottoressa. “Non sembrava particolarmente colpita. È anche la tua sensazione?”

“Penso che il modo in cui ha posto la cosa sia �per quanto tempo devo frequentare questi drogati e aspiranti suicidi prima di poter tornare in una scuola vera?”

La Lemmon annuì, chiaramente non sorpresa.

“Caspico,” disse. “Con me è stata un po’ meno esplicita. Capisco la sua frustrazione. Ma penso che sia necessario tenerla in un ambiente sicuro e fortemente controllato almeno per un mese, prima di considerare il passaggio a una scuola tradizionale.”

“Questo lo capisco. Ma so che è frustrata. Doveva diplomarsi quest’anno. Ma con tutto il tempo che ha perso, anche in una scuola tradizionale, dovrà frequentare i corsi estivi. Non è che impazzisca di gioia per essere finita con, come li chiama lei, �i bruciati al cervello e i cretini’.”

“Un passo alla volta,” disse la dottoressa Lemmon, per niente turbata. “Andiamo avanti. Tu come stai?”

Jessie rise nonostante tutto. Da dove cominciare? Prima che potesse parlare, fu la dottoressa Lemmon a farlo.

“Ovviamente non abbiamo tempo per una seduta completa in questo momento. Ma come te la stai cavando? Sei improvvisamente responsabile di un minore, hai iniziato una relazione con un collega, il tuo lavoro ti richiede di entrare nelle teste di brutali assassini, e stai gestendo il crollo emotivo di aver messo fine alle vite di due serial killer, uno dei quali era tuo padre. Mi pare ci sia abbastanza materiale per giocare.”

Jessie fece un sorriso forzato.

“Detta così, non sembra poi chissà che roba.”

La dottoressa Lemmon non sorrise.

“Dico sul serio, Jessie. Devi restare cosciente della tua salute mentale. Questo non è un periodo pericoloso solo per Hannah. Il rischio che anche tu abbia una regressione è significativo. Non fare l’eroina al riguardo.”

Jessie fece sparire il sorriso, ma mantenne le labbra rigide.

“Sono consapevole dei rischi, dottoressa. E sto facendo del mio meglio per prendermi cura di me. Ma non è che possa prendermi una giornata per andare alla spa. E se smetto di muovermi, verrò investita.”

“Non sono sicura che sia vero, Jessie,” disse la Lemmon con voce sommessa. “A volte, se ci si ferma, il mondo fa marcia indietro e tu puoi rimontare in sella. Sei una persona di valore, ma non essere arrogante. Non sei così indispensabile in questo mondo da non poter cliccare il tasto pausa di tanto in tanto.”

Jessie annuì, aggressive e sarcastica.

“Ne ho preso nota,” disse, fingendo di scrivere un appunto. “Non essere arrogante. Non indispensabile.”

La dottoressa Lemmon corrucciГІ le labbra, apparendo quasi irritata. Jessie cercГІ di andare oltre.

“Come sta Garland?” chiese con tono beffardo.

“Scusa?” chiese la Lemmon.

“Sa, Garland Moses, consulente profiler per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Mi ha aiutato a trovare e salvare Hannah, più vecchio, aspetto trasandato in quel modo un po’ affascinante da �chi se ne frega’.”

“Conosco il signor Moses, Jessie. Non sono sicura del perché tu mi stia chiedendo di lui.”

“Per nessun motivo,” le rispose, sentendo che era andata a segno. “È solo che ha accennato a lei qualche tempo fa, e qualcosa nel suo tono mi ha dato l’impressione che foste pappa e ciccia. Quindi mi stavo chiedendo come se la stesse passando.”

“Penso che con questo il nostro tempo oggi sia finito,” disse bruscamente la dottoressa Lemmon.

“Wow,” disse Jessie, questa volta sorridendo sul serio. “Ha chiuso davvero velocemente, dottoressa.”

La dottoressa Lemmon si alzò in piedi e le fece segno di andare verso l’uscita. Jessie decise di mollare. Quando ebbero raggiunto la porta, si girò verso la terapeuta e le pose la domanda che la stava tormentando da qualche minuto.

“Sul serio, dottoressa, se Hannah sta seguendo la strada alla fine della quale farà fatica a provare empatia per le altre persone, ci saranno modi di farla tornare indietro?”

La dottoressa Lemmon esitГІ e la guardГІ fissa negli occhi.

“Jessie, ho passato trentacinque anni della mia vita a cercare di rispondere a domande come questa. La migliore risposta che posso darti è: lo spero.”




CAPITOLO TRE


Lizzie Polacnyk arrivГІ a casa davvero tardi.

Si era aspettata di tornare dalla sua sessione di studio alla California State University a Northridge entro le 7 di sera. Ma avevano un esame enorme di Psicologia 101 domani e tutti si erano fatti domande senza sosta. Quando avevano deciso che la serata era finita, si erano fatte ormai le nove passate.

Quando aprì la porta di casa sua, erano quasi le 21:45. Cercò di mantenere il silenzio, ricordando che Michaela aveva fatto chiusura alle 6 di mattina gli ultimi due giorni, e quindi ormai era sicuramente addormentata.

Percorse il corridoio in punta di piedi fino alla sua stanza e fu sorpresa di vedere una luce soffusa che filtrava da sotto la porta della camera della compagna d’appartamento. Non era da lei restare sveglia fino a tardi se doveva alzarsi prima delle cinque di mattina. Si chiese se l’amica di vecchia data e recente coinquilina fosse stata semplicemente troppo stanca e si fosse addormentata con la luce accesa. Decise di sbirciare dentro alla camera e spegnerla se necessario.

Quando spinse la porta leggermente, vide Michaela stesa supina, senza le coperte addosso. Il cuscino le copriva in parte la faccia. C’era solo l’abat-jour accesa, quindi era difficile esserne sicuri, ma sembrava che non si fosse neanche levata i vestiti della giornata: una divisa da cheerleader.

Lizzie stava per chiudere la porta quando notГІ una cosa strana. La gonna era tirata in basso, sulle cosce di Michaela, lasciando scoperto il pube. Questo sembrava piuttosto strano, per quanto fosse stata stanca.

Lizzie si chiese se tirare un lenzuolo sopra all’amica per coprirla. Considerato quello che Michaela faceva di lavoro, sembrava un atto di forzata modestia. E poi non era che nessuno sarebbe potuto entrare nella stanza. Però Lizzie sentì la ragazza cattolica dentro di sé che si dimenava e sapeva che l’avrebbe tormentata tutta la notte se non avesse fatto qualcosa.

Quindi spinse delicatamente la porta ed entrГІ nella stanza, camminando silenziosamente fino al bordo del letto. Era a metГ  strada quando si fermГІ di colpo. Ora, senza schermi davanti, poteva vedere i buchi sul petto e sullo stomaco di Michaela.

Una densa pozza si era formata sotto al suo torso, con il sangue che era uscito dalla divisa lacerata, e stava leggermente imbevendo le lenzuola del letto. Gli occhi dell’amica erano strizzati, come se li avesse tenuti chiusi con forza per proteggersi da ciò che stava accadendo.

Lizzie rimase lì per diversi secondi, insicura su come reagire. Sentiva di dover forse gridare, ma la gola era improvvisamente secca. Lo stomaco gorgogliò e lei temette per un secondo di dover vomitare.

Sentendosi come in uno strano sogno, si girò e uscì dalla stanza, tornando in cucina, dove si versò un bicchiere d’acqua. Quando fu sicura di essere in grado di parlare, chiamò il 911.


*

L’appuntamento stava andando bene.

Mentalmente Jessie iniziГІ a chiedersi se questa sera potesse essere la sera giusta. Era quasi riluttante a desiderarlo. La sua relazione con Ryan era la cosa piГ№ stabile nella sua vita in questo momento, ed era restia a fare qualsiasi cosa potesse complicarla.

Aveva passato la maggior parte della serata nell’affascinante ed elegante ristorante italiano, lamentandosi di come le cose stessero andando con Hannah. Gli aveva raccontato le basi della sua conversazione con la dottoressa Lemmon e si lamentava della mancanza di progressi da parte sua nell’aiutare la sorellastra a tornare alla normalità. Fu solo quando Ryan si scusò per andare in bagno che Jessie si rese conto di quando fosse stata centrata solo su se stessa.

Il posto, un locale meraviglioso, anche se snob, nella San Fernando Valley, era scarsamente illuminato e romantico. L’atmosfera era accentuata dal fatto che Ryan aveva in qualche modo prenotato l’unico tavolo al secondo piano, che consisteva in un balcone che si affacciava sul resto del ristorante. Ma fino ad ora lei ne era stata per lo più ignara.

E aveva anche scarsamente registrato, fino a quel momento, il fatto che lui non aveva quasi parlato per tutta la serata. Era rimasto invece pazientemente seduto mentre lei blaterava dei suoi problemi domestici, senza praticamente permettergli di intervenire. In effetti, ora che ci pensava, non ricordava di avergli fatto una sola domanda in tutta la serata.

Mentre il senso di colpa la investiva, lo vide uscire dal bagno al piano di sotto e camminare agilmente tra i tavoli portandosi verso la scala. Allo stesso tempo notò un’altra cosa: quasi tutte le donne a cui passava accanto, gli lanciavano un’occhiata. Chi poteva biasimarle?

Era un uomo difficile da ignorare. Alto un metro e ottantacinque per novanta chili fatti apparentemente di marmo, con i capelli corti e neri e dei piacevoli occhi castani, camminava con la sicurezza di un uomo che non aveva bisogno di fare colpo su nessuno.

E se quelle donne avessero saputo qual era il suo lavoro, sarebbero state ancora più ammaliate. In quanto primo detective di un’unità speciale dell’LAPD chiamata Sezione Speciale Omicidi – HSS in breve – i suoi casi avevano tutti un alto profilo o intenso scrutinio mediatico, e spesso coinvolgevano numerose vittime e serial killer.

Ed era qui con lei. C’era voluto un po’ per arrivare a questo punto. Lui era agli stadi finali di un divorzio dopo sei anni di matrimonio. Jessie era single da un po’ di più. Il suo matrimonio era finito in modo più drammatico quando l’attuale marito aveva tentato di incastrarla per l’omicidio della sua amante. Quando Jessie aveva scoperto il suo piano, l’uomo aveva tentato di ucciderla. Attualmente stava scontando la sua pena nella prigione della Contea di Orange.

Ryan si sedette di fronte a lei e Jessie gli prese la mano.

“Scusa,” gli disse. “Ho dominato del tutto la conversazione. Come stai?”

“Tutto bene,” rispose lui. “Quel delitto del boss della droga è stato risolto oggi.”

“Non mi hai mai chiamata ad aiutarti,” gli disse, fingendo di essere offesa.

“Era piuttosto chiaro. Non c’era proprio bisogno dei servizi di un’affascinante profiler.”

“Chi se ne frega,” protestò Jessie. “Tu chiamami comunque. Almeno possiamo passare un po’ di tempo insieme.”

“Che romantica,” disse. “Ma vuoi mettere farsi gli occhi dolci davanti a un cadavere?”

“Si fa quello che si può,” disse Jessie scrollando le spalle. “E poi, per il mio ultimo caso mi hanno assegnata a Trembley, che – senza offesa – non è esattamente il collega dei miei sogni.”

“Ehi,” protestò Ryan scherzosamente. “Il detective Alan Trembley è un solido professionista e dovresti sentirti onorata di poter lavorare con lui per qualsiasi caso ti capiti per mano.”

“È piuttosto noioso.”

“Mi sento risentito per suo conto,” disse Ryan, cercando di accigliarsi. “E poi, il fatto di non averti con me mi permette di programmare il tuo compleanno senza averti in mezzo ai piedi.”

“Stai programmando qualcosa per me?” chiese Jessie, sinceramente sorpresa. “Non avevo neanche idea che sapessi la data.”

“Sono un detective, Jessie. Diciamo che è il mio campo. Non ti avrei detto nulla, ma ho bisogno di accertarmi che la tua agenda sia libera giovedì sera. Ok?”

“Ok,” confermò lei, arrossendo leggermente.

Lui le sorrise e Jessie sentì un’ondata di calore pervaderla. Il fatto che qualcuno si prendesse la briga di scoprire quando fosse il suo compleanno e organizzasse qualcosa per festeggiarlo, normalmente l’avrebbe resa illogicamente ansiosa. Ma in qualche modo, trattandosi di Ryan, si sentiva a proprio agio con quell’idea, addirittura elettrizzata.

Si chiese se avesse in mente un regalo anticipato di natura intima per lei stasera. Stava per accennare all’idea, quando il telefono di lui squillò. Non riconobbe la suoneria. Chiunque fosse, Ryan si accigliò. Con il solo movimento labiale le disse Scusa e rispose.

“Detective Hernandez,” disse.

Jessie osservò Ryan che ascoltava la voce dall’altro capo della linea. Il cipiglio sul suo volto si fece più pronunciato a ogni momento che passava. Dopo aver aspettato in silenzio per circa trenta secondi, alla fine rispose.

“Ma la Divisione della Valley è già lì. Non sarà troppo tardi?”

Rimase in silenzio mentre l’altra persona rispondeva. Dopo altri venti secondi, parlò di nuovo.

“Capisco. Ci sono.”

Poi riagganciò. Fissò il telefono per un momento, come se l’apparecchio potesse parlargli. Quando sollevò lo sguardo, i suoi occhi erano duri e freddi.

“Odio doverlo fare, ma dobbiamo saltare il dolce. Devo andare a dare un’occhiata a una scena del crimine e se non ce ne andiamo adesso, potrebbe essere troppo tardi.”

Jessie aveva già visto Ryan così a disagio. Fece cenno alla cameriera per richiamare la sua attenzione e quando lei si avvicinò le porse delle banconote.

“Troppo tardi?” chiese Jessie. “Cosa significa?”

Ryan si alzГІ in piedi e le indicГІ di fare lo stesso. Stava giГ  andando verso la scala quando le rispose.

“Te lo spiego per strada.”




CAPITOLO QUATTRO


Jessie si costrinse ad aspettare.

Qualsiasi cosa fosse, Ryan era nervoso e lei non voleva peggiorare le cose. Rimase seduta in silenzio al posto del passeggero, permettendogli di spiegarle la situazione quando fosse piГ№ a suo agio per farlo.

“Sei sicura di voler venire?” le chiese di nuovo.

“Sì,” gli assicurò lei. “Ho mandato un messaggio ad Hannah spiegandole che è saltato fuori un caso e di non aspettarmi per andare a letto. Siamo a posto.”

“Avresti potuto prendere un taxi dal ristorante,” le disse lui.

“Volevo venire con te, Ryan,” insistette lei, mordendosi di nuovo la lingua, nonostante il desiderio di fargli altre domande.

Lui continuГІ a guidare verso ovest, sulla Ventura Boulevard, addentrandosi sempre piГ№ nella Valley. Dopo altri dieci secondi di silenzio, finalmente iniziГІ a parlare.

“Allora, il fatto è questo. Ho un contatto nel dipartimento che di tanto in tanto mi allerta sui casi di cui dovrei essere a conoscenza.”

“Potresti essere un po’ più criptico?” chiese Jessie, incapace di trattenersi.

“A dire il vero non ho molto di più da condividere al riguardo,” le rispose, ignorando il suo sarcasmo. “Circa quattro anni fa ho ricevuto una chiamata da un telefono non tracciabile. La voce era digitalmente manipolata. La persona al telefono suggeriva che il primo sospettato nell’omicidio di un ricco uomo d’affari fosse una montatura e che avrei dovuto indagare le motivazioni politiche dell’omicidio.”

“Una chiamata saltata fuori dal nulla, così?” chiese Jessie.

“Sì, ero un detective alle prime armi senza molto da perdere, quindi ho seguito la pista. Il caso stava per essere chiuso. Ma ho iniziato a fare domande e molto velocemente l’intera cosa è venuta allo scoperto. È saltato fuori che l’uomo d’affari era uno dei principali sostenitori e finanziatori di un consigliere locale. Quando è morto, il fondo finanziario del consigliere si è prosciugato. Il suo oppositore è stato in grado di batterlo finanziariamente e ha vinto il seggio. Alla fine, ci siamo resi conto che l’oppositore aveva assoldato qualcuno per fare fuori l’uomo d’affari proprio per quel motivo: per gambizzare la fonte principale del sostegno finanziario. Ha fatto anche in modo che il sospettato principale venisse incastrato, in modo che sembrasse un furto andato storto.”

“Come faceva il tuo contatto a sapere tutto questo?”

“Non ne ho idea. Non sono neanche sicuro che la fonte sapesse l’intera portata della situazione. Ho avuto la sensazione che la persona, che ho iniziato a chiamare Cathy Bla-bla, sapesse che c’era qualcosa di losco, anche se i dettagli erano nebulosi.”

“La fonte è una donna?”

“Impossibile capirlo,” ammise Ryan. “Ma allo scopo di darle un nome, diciamo di sì. Ad ogni modo, ho iniziato a ricevere altre chiamate dopo quella volta. Non spesso, ma magari due volte all’anno. Sempre da telefoni ricaricabili e con una voce digitale come copertura. E quasi sempre riguardavano casi che sembravano quasi risolti e chiusi, ma che con ulteriori indagini si rivelavano molto più complessi.”

“Quindi Cathy Bla-bla è una specie di guardiana contro le ingiustizie?”

“Forse,” disse Ryan, non particolarmente convinto. “Oppure potrebbe essere qualcos’altro. Ho notato che nella maggior parte dei casi, la storia vera è incasinata e mette in cattiva luce le persone che ricoprono posizioni di potere. Un sacco di volte penso che i nostri pezzi grossi preferiscano le risposte facili piuttosto che impantanarsi per scoprire crimini che potrebbero implicare personaggi influenti. Chiamando me, Cathy Bla-bla fa suonare un campanello d’allarme su casi opinabili senza sporcarsi le mani lei stessa o mettere a rischio la sua carriera. L’obiettivo sarà anche nobile, ma penso che ci sia anche una buona dose di interesse personale.”

“Allora, cosa c’è in questo caso che l’ha portata a chiamarti?”

“Non lo so,” disse Ryan, poi svoltò a destra lasciando il Ventura Boulevard e imboccando la Coldwater Canyon Avenue. “Non mi dice mai perché un caso è sospetto, ma solo che lo è. Tutto quello che so è che una donna è stata assassinata nel condominio milletrecento di Bessemer Street a Van Nuys. È stata pugnalata più volte al torso. La teoria preliminare è che si tratti di un furto andato storto. Che il ladro non sapesse che in casa c’era qualcuno e che abbia aggredito la residente dopo averla trovata.”

“Hanno un sospettato?”

“No,” disse Ryan. “Ma secondo Cathy Bla-bla, le cose si stanno muovendo velocemente. La chiamata al 911 è arrivata solo mezz’ora fa circa, e il medico legale è già sulla scena, pronto a rimuovere il corpo.”

“E i detective sono d’accordo?” chiese Jessie incredula.

“Da quello che ho capito non sono neanche sul posto ancora. È stato l’agente senior a dare l’ordine.”

“Cosa?” chiese Jessie a bocca aperta. “Questo comprometterà del tutto la scena del crimine. Possiamo impedirglielo?”

“È per questo che ho detto che dovevamo andare via subito,” rispose Ryan. “Cathy Bla-bla ha detto che il medico legale stava tentando di rallentare il processo, ma abbiamo circa dieci minuti prima che si ritrovi con nessun’altra scelta se non quella di insaccare il corpo.”

“Quanto distanti siamo?” chiese Jessie.

“Non molto,” disse Ryan mentre svoltava in una strada residenziale illuminata da lampeggianti. “È quell’edificio a metà del quartiere.”

Parcheggiarono un paio di porte prima e uscirono. Affrettandosi, Jessie non poté fare a meno di notare che, nonostante le luci, non c’erano poi tanti veicoli quanti se ne sarebbe aspettati. C’era il furgoncino del medico legale, un’ambulanza e due auto della polizia. Di solito sulla scena di un delitto si sarebbero viste almeno il doppio di aiuto delle forze dell’ordine.

Mentre si avvicinavano all’edificio, l’unico agente fuori dall’ingresso li guardò sospettoso. Ryan mostrò il suo badge.

“Qual è la storia, agente?” chiese all’uomo.

Considerato il tempo limitato, Jessie fu sorpresa che Ryan si fermasse a parlare. Il giovane agente afro-americano, che non poteva avere più di venticinque anni, aveva un’espressione nervosa. La targhetta con il suo nome diceva Burnside.

“Signore,” rispose il giovane, la voce leggermente tremante, “abbiamo una donna caucasica, diciassette anni, numerose pugnalate al petto e all’addome. È stata trovata sul letto dalla compagna d’appartamento.”

“I detective dell’ufficio della Valley sono sulla scena?” chiese Ryan.

“No, signore.”

“Chi è il responsabile, allora?”

“Sarebbe il mio capo, il sergente Costabile, della stazione di Van Nuys,” rispose l’agente indicando a destra. “È dentro. Appartamento 116.”

“Grazie,” disse Ryan senza tante cerimonie, facendo una leggera smorfia mentre entrava con Jessie subito dietro di lui.

“Conosci Costabile?” gli chiese lei mentre allungava il passo per seguirlo.

“Solo di reputazione,” disse Ryan. “Hank Costabile non è solo vecchia scuola. È antico. E da quello che sento è un pitbull.”

“I pitbull in realtà sono piacevoli di natura,” disse Jessie, un po’ indignata.

“Sono d’accordo,” disse Ryan. “Ma hai capito quello che intendo. Ha la fama di essere… difficile. Potrebbe essere una brutta scena, quindi preparati.”

“Cosa significa?” gli chiese Jessie.

Ma prima che Ryan potesse rispondere, avevano raggiunto la porta. Un agente corpulento di nome Lester si trovava subito fuori dall’appartamento circoscritto dal nastro. Sembrava sospettoso come l’agente all’esterno, ma meno nervoso. Jessie osservò che Ryan non mostrò il badge questa volta.

“Quest’area è off-limits,” disse bruscamente l’agente Lester. “Affari di polizia. L’agente là fuori dovrebbe avervelo detto.”

“Ah sì?” sussurrò Ryan con tono curioso e per niente da detective. “Cos’è successo? A me lo puoi dire.”

“Non ho il permesso di dirlo,” disse bruscamente Lester. “È un residente di questo edificio, signore? Perché non possiamo permettere ai civili si girovagare attorno a una scena del crimine.”

“Oh no, non vorremmo mai,” confermò Ryan con tono finto e viscido. “Sarebbe quasi peggio che rimuovere il corpo del cadavere prima che i detective incaricati avessero la possibilità di valutare la scena. Dico bene?”

L’agente socchiuse gli occhi di fronte a quella domanda, non del tutto consapevole che stava accadendo qualcosa di insolito.

“Chi è lei, signore?” gli chiese, il tono brusco ora velato da un accenno di preoccupazione.

“Di sicuro non un detective dell’ufficio della Valley,” disse Ryan, la voce tonante.

“Signore…” iniziò a dire l’agente, chiaramente intimidito.

“Va tutto bene, Lester,” disse un uomo calvo e tarchiato che apparve alle sue spalle. “Non sai chi è? È il famoso detective Ryan Hernandez della Stazione Centrale. Puoi lasciarlo entrare, ma assicurati di farti firmare l’autografo prima che se ne vada.”

“Il sergente Costabile, presumo?” chiese Ryan inarcando le sopracciglia.

“Giusto,” disse Costabile con un sorrisino beffardo. “A cosa dobbiamo l’onore della sua presenza, detective? Deve mostrare alla sua bella signora dalle gambe lunghe come vive l’altra metà qui nella Valley?”

“La mia bella signora dalle gambe lunghe è in realtà la profiler criminale Jessie Hunt. Sa, quella che cattura i serial killer con tanta frequenza quanto lei si becca le malattie veneree.”

Ci fu un lungo e imbarazzante silenzio in cui Jessie pensò che Costabile potesse tirare fuori la pistola e sparare a Ryan. Il ghigno odioso dell’uomo svanì e fu sostituito da un cipiglio furioso. Dopo quella che parve un’eternità, il sergente fece una sonora e forzata risata.

“Immagino di essermelo meritato,” disse, guardando Jessie e non apparendo per niente umiliato. “È stato maleducato da parte mia mostrare una così scarsa considerazione di lei, signorina Hunt. La sua reputazione la precede. Posso solo immaginare di cosa ci abbia graziato la lotteria delle forze dell’ordine concedendoci la presenza del suo singolare genio qui questa sera. La prego, mi dica, cosa vi porta qui?”

Jessie avrebbe voluto disperatamente rispondere alla canzonatura con una battuta a tono, ma non voleva disturbare il piano che chiaramente Ryan aveva in mente, qualsiasi esso fosse. Quindi ricacciГІ indietro il suo disprezzo.

“Temo di non poter essere completamente diretta,” disse con tono dispiaciuto. “Ma lascerò che sia il detective Hernandez a condividere quello che può.”

“Grazie, signorina Hunt,” disse Ryan, riprendendo subito la parola. “Eravamo per caso nella zona, a concluder un interrogatorio, quando abbiamo ricevuto l’allarme di questo caso. Sembra poter essere parte di uno schema che stiamo indagando e abbiamo pensato di dare un’occhiata di persona.”

“Pensate che sia collegato a un caso a cui state lavorando?” chiese Costabile incredulo.

“È possibile,” rispose Ryan. “Dovremo vedere il corpo per poter trarre delle sicure conclusioni. Ovviamente non vogliamo pestare i piedi dei detective già assegnati al caso. Chi potrebbero essere?”

Costabile fissò Ryan, incassando il suo tono di sfida. Era chiaro che Ryan sapeva che non c’erano ancora dei detective sulla scena. Costabile sembrava dibattuto se rispondere seriamente alla domanda o fare riferimento a quella che era sottesa tra le righe, vale a dire cosa esattamente stesse succedendo lì.

“Il detective Strode dovrebbe essere qui a momenti,” disse infine in tono malsanamente educato. “Ma stavamo preparando il corpo per farlo esaminare dal medico legale. Tutto sembra piuttosto chiaro e deciso. Non vogliamo sprecare inopportunamente le risorse del dipartimento.”

“Certo, capisco,” rispose Ryan, usando la stessa cortesia ufficiale ma non sincera di Costabile. “Ad ogni modo magari possiamo dare un’occhiata qui, in modo da non compromettere la scena. Stiamo parlando di una ragazza adolescente pugnalata nel suo letto… quante volte?”

Il volto di Costabile si fece rosso e sembrava che stesse facendo una fatica enorme a mantenere il proprio contegno.

“Nove… per quello che vediamo.”

“Nove volte?” ripeté Ryan. “Mi sembrano tante. A lei non sembrano tante, signorina Hunt?”

“Mi sembrano tante,” confermò Jessie.

“Sì, tante,” aggiunse Ryan con enfasi. “Quindi magari sarà bene mettere i puntini i sulle �i’ e le virgole al posto giusto in questa faccenda, prima di schiaffare la ragazza in un sacco di plastica e farle attraversare un mucchio di strade della Valley piene di buche? Sa, giusto per essere accurati.”

Sorrise dolcemente, come se stessero parlando del tempo atmosferico. Costabile non rispose al sorriso.

“Si sta facendo carico di questa indagine, Detective?” chiese il sergente con tono piatto, senza commentare il gioco di parole sulle buche.

“Non ancora, sergente. Come ho detto, vogliamo solo vedere se il delitto rientra nel nostro schema. Non ci sta negando accesso al corpo, vero?”

La domanda portò a un altro imbarazzante silenzio. Jessie guardò un altro agente di nome Webb arrivare dall’interno dell’appartamento e prendere posizione giusto dietro a Costabile. La mano destra era scomodamente vicina alla fondina della sua pistola. Jessie si voltò e vide che l’agente Lester ora si era portato all’interno del nastro di delimitazione e stava alle loro spalle, assumendo la medesima postura, con la mano nella stessa posizione.

Costabile abbassò gli occhi e si guardò le scarpe, restando fermo così per diversi secondi. Ryan fissava la sommità della testa dell’uomo senza battere ciglio. Jessie aveva paura a respirare. Alla fine Costabile sollevò la testa. Aveva una vena pulsante sulla fronte. Gli occhi erano due fessure furiose. Lentamente li aprì e il corpo parve rilassarsi leggermente.

“Entrate,” disse, facendo un gesto esagerato di benvenuto con la mano.

Ryan avanzò e Jessie lo seguì. Mentre entrava nell’appartamento, ricordò a se stessa che poteva respirare di nuovo.




CAPITOLO CINQUE


Restare concentrati era difficile.

Con tutto quel testosterone che rimbalzava per l’appartamento, Jessie era ancora leggermente apprensiva e preoccupata che potesse scatenarsi una sparatoria da un momento all’altro.

Cercò di spingere fuori dalla propria testa tutta quella feroce animosità mentre attraversava l’appartamento. Da questo momento in poi aveva bisogno della mente sgombera. Il medico locale si concentrava sullo stato fisico del corpo e quelli della scena del crimine cercavano schizzi di sangue e impronte digitali. Ma lei doveva essere cosciente di tutto ciò che contribuiva alla costituzione psicologica della vittima. Anche il minimo dettaglio poteva condurre all’assassino.

L’appartamento era piuttosto ordinario. Dagli arredi le era chiaro che entrambe le residenti erano donne, anche se non le avevano ancora detto il genere della coinquilina della vittima. Una di loro era chiaramente più personalmente conservatrice rispetto all’altra. I quadri alle pareti erano un confuso amalgama di acquerelli e iconografia religiosa, posta accanto a stampe di Gustav Klimt e foto provocatorie di Mapplethorpe.

Mentre percorreva il corridoio, Jessie ebbe la netta impressione che l’inquilina più eccentrica fosse anche quella che aveva più soldi. Il suo stile sembrava molto più dominante. Quando passarono accanto alla piccola camera da letto, sbirciò all’interno e vide una croce appesa sopra al comò.

Quindi ГЁ morta quella che poteva permettersi la camera piГ№ grande.

Piuttosto certa, continuГІ verso la seconda camera alla fine del corridoio, da dove poteva sentire provenire delle voci.

“È pronta, signora profiler criminale?” chiese Costabile con tono derisorio.

“È decisamente…” iniziò a dire Ryan, ma Jessie lo interruppe.

“Sono ok,” rispose.

Non le serviva che Ryan difendesse la sua virtù professionale. E di certo non voleva un’altra competizione tra uomini duri quando tutto quello di cui aveva bisogno era concentrarsi. Ignorando qualsiasi guerra di occhiatacce fosse in corso alle sue spalle, fece un respiro profondo ed entrò nella camera da letto.

Prima ancora di guardare il corpo, permise ai propri occhi di osservare la stanza. C’erano altre scelte decorative coraggiose alle pareti e una lampada sferica da discoteca accanto al letto. Una sedia nell’angolo era rovesciata a terra e c’erano riviste sparpagliate sul pavimento, tutti elementi che suggerivano una lotta. La scrivania era per lo più vuota, anche se c’era un punto rettangolare e pulito circondato dalla polvere, segno sicuro che poco prima lì c’era stato un computer portatile.

“La TV è ancora qui,” notò Ryan. “E anche la console dei videogiochi. Mi pare una decisione strana, per un ladro, lasciare roba così.”

“Però il portatile è sparito,” disse Jessie. “Avete trovato un cellulare?”

“Non ancora,” disse l’agente Webb.

“Avete preso il numero dalla compagna di appartamento, in modo da poterlo rintracciare?” chiese, tentando di non lasciare libero sfogo alla propria impazienza.

“La coinquilina è un po’ sull’isterico,” disse Costabile. “Abbiamo fatto fatica a tirarle fuori qualcosa, oltre al suo nome, Elizabeth Polacnyk. Quelli del soccorso sanitario la stanno tenendo nell’ambulanza qua fuori. Intendevano sedarla.”

“Ok,” disse Jessie. “Ma non lasciatela andare fino a che non avremo avuto modo di parlarle.”

Costabile sembrava ancora infastidito, ma fece cenno all’agente Lester, che era ancora accanto alla porta d’accesso, per comunicargli il suo ordine. Quando lo fece, Jessie finalmente fissò la propria attenzione sulla ragazza stesa sul letto. Era già nel sacco da cadavere, che però non era stato ancora chiuso. Jessie si sentì ribollire di rabbia a quella vista.

“Qualcuno ha fatto delle foto prima che il corpo venisse spostato?” chiese Ryan, pronunciando a voce alta la domanda che Jessie aveva in testa.

Un tecnico della scena del crimine alzГІ la mano.

“Sono riuscito a scattarne qualcuna prima che venisse messa nel sacco,” disse.

Il vice medico legale si avvicinГІ.

“Salve. Sono Maggie Caldwell. Abbiamo cercato di posticipare l’insaccamento,” disse con tono dispiaciuto. “Ma abbiamo ricevuto ordini diversi.”

L’accusa rimase sospesa in aria, non detta.

“Come ho detto,” disse Costabile sulla difensiva, “sembrava un caso fatto e chiuso. Non volevo sprecare risorse.”

Jessie cercГІ di tenere la voce regolare mentre rispondeva.

“Sono sicura che lei ha decenni di esperienza in questo lavoro, sergente,” disse. “Ma ha per caso l’abitudine di dare ordini e prendere decisioni che vadano a disturbare la scena del delitto prima che i detective arrivino, indipendentemente da quali siano le risorse richieste?”

“L’ufficio della Valley non è uno splendore come voi del centro,” disse l’uomo con rabbia. “Noi non abbiamo il lusso di starcene placidi a osservare ogni bambina scappata di casa che troviamo morta.”

Anche se la rabbia di Jessie stava ribollendo, la sua voce rimase calma e lenta.

“Non sapevo che le procedure della polizia da questa parte della città ora prevedessero il risparmio del budget dedicato alla risoluzione dei crimini. Mi piacerebbe vedere quella clausola nel nuovo regolamento. E inoltre non mi ero resa conto che non valesse la pena di indagare gli omicidi di adolescenti scappate di casa. Mi sono persa quella lezione quando ho frequentato la scuola all’LAPD?”

“Sta mettendo in questione la mia professionalità?” chiese Costabile, facendo un passo verso di lei.

“Sto solo facendo delle domande, sergente,” rispose lei senza tirarsi indietro. “Se la sua coscienza sta suggerendo qualcosa di più profondo, sta a lei capirlo. Io direi che se questa ragazza è un’adolescente scappata di casa, se la sta cavando piuttosto bene. È evidente che ha un lavoro che paga bene, che le permette di vivere in un discreto appartamento, comprare quadri e, sulla base della condizione di unghie e capelli, frequentare saloni costosi. È sicuro che non sta dando certe cose per scontate riguardo alla vittima?”

Costabile sembrava non sapere a quale offensiva domanda rispondere per prima. Dopo un momento di frustrati borbottii, prese la parola.

“La ragazza è stata trovata con indosso una divisa da cheerleader, con la gonna calata. Mi sembra piuttosto dozzinale come scena. Da quello che posso ipotizzare, è una del mestiere.”

“Non è possibile che la gonna sia stata tolta dall’aggressore?” chiese Jessie. “Il suo agente ha detto che aveva diciassette anni. Non è possibile che sia una cheerleader della scuola? Non è possibile che sia un’attrice con un costume di scena? Siamo sicuri che sia una puttana da quattro soldi? A me pare che lei stia dando per scontate un sacco di cose, per essere un professionista delle forze dell’ordine, sergente.”

Costabile fece un altro passo avanti. Ora era faccia a faccia con Jessie. Lei temeva che Ryan potesse tentare di intervenire, ma il collega fu capace di trattenersi. Probabilmente sapeva quello che lei stava facendo. Costabile le parlГІ sottovoce.

“Quindi lei intende venire qui con la sua reputazione da profiler hipster e strafiga e definirmi incapace del mio lavoro? Siamo arrivati a questo adesso?”

Stava quasi ringhiando, ma Jessie non se ne curГІ.

“Lo sta dicendo lei,” sussurrò in risposta. “E poi, se pensa di potermi intimidire con le sue tette da uomo e l’alito che puzza da aglio, si sbaglia di grosso. Sono stata faccia a faccia con uomini che prendevano pezzi di corpi umani come souvenir, quindi le sue misere tattiche di bullismo non mi fanno impressione. E ora si levi dai piedi.”

Le narici di Costabile si dilatarono. I vasi sanguigni sulla sua fronte sembravano poter esplodere da un secondo all’altro. Jessie lo osservò attentamente. Una parte di lei avrebbe voluto dargli una ginocchiata all’inguine. Ma la sua parte analitica lo stava ancora testando, cercando di determinare esattamente cosa stesse succedendo qui e perché la procedura non fosse stata ottemperata. C’era qualcosa di molto losco. Se si fosse arrabbiato a sufficienza, forse quell’uomo avrebbe inavvertitamente svelato qualcosa.

I due si guardarono torvi. Costabile era chino in avanti e ansimante, Jessie silenziosa e ferma. Era pronta a stare così anche tutta la serata, se in questo modo poteva contribuire a piegarlo. Dopo cinque secondi buoni, l’uomo espirò, soffiandole intenzionalmente addosso. Si piantò un sorriso forzato in viso e fece un passo indietro.

“Devo dire, signorina Hunt, che lei è una stronza ancora peggiore di quanto avessi sentito.”

“Come si chiama?” chiese Jessie, quasi prima che l’uomo potesse completare il suo insulto.

“Cosa?” le chiese lui, sorpreso dall’improvvisa reazione.

“La ragazza,” insistette Jessie, accennando al letto con un movimento della testa. “Sa almeno come si chiama?”

“Si chiama Michaela Penn,” disse l’agente Lester, salvando il proprio superiore da potenziale imbarazzo. “Stiamo ancora raccogliendo informazioni, ma sembra che frequentasse una scuola cattolica femminile locale. Si è emancipata dalla famiglia, anche se minorenne, già due anni fa e si è diplomata presto. Faceva la cameriera part-time al Jerry’s Dely a Studio City.”

“Grazie, agente,” disse Jessie, prima di aggiungere un’altra frase a beneficio del sergente Costabile. “Sembra davvero dozzinale.”

Si voltò e guardò finalmente Michaela con attenzione per la prima volta da quando era entrata nella stanza. La prima cosa che le balzò all’occhio fu quanto la ragazza sembrasse giovane. Poteva anche avere diciassette anni, ma con i capelli corti e scuri e la pelle chiara, ora bluastra, sembrava essere più vicina ai quindici.

SollevГІ lo sguardo su una foto della ragazza posata sul comГІ e cercГІ di collegarla alla forma priva di vita che giaceva sul letto. La Michaela nella foto era bella nel suo delicato stile da folletto. Le ricordava una ragazza di quei cartoni anime giapponesi.

I suoi profondi occhi blu erano grandi ma privi di emozione, come se avesse imparato da tempo a nascondere i propri sentimenti. Solo il sorrisino accennato ai lati della bocca accennava alla possibilità di qualcosa nascosto sotto. Emanava l’impressione di un fuoco d’artificio non acceso, come se stesse solo tergiversando, preparandosi a esplodere da un momento all’altro.

“Potete aprire del tutto la zip della sacca?” chiese Ryan portandosi accanto a Jessie. Mentre aspettavano, sussurrò sottovoce. “Spero che valesse la pena di alienare permanentemente l’agente con maggior collegamenti nella Valley, insultandolo a quel modo. Perché non mollerà mai l’osso.”

“La giuria è già all’opera,” mormorò lei in risposta.

I poliziotti si erano allontanati, ma Maggie Caldwell, la vice del medico legale, restò vicina dopo l’apertura della sacca.

“Scusate,” disse sommessamente. “Non volevo toccare il corpo, ma Costabile era di fretta e voleva che facessimo velocemente. Se foste arrivati cinque minuti dopo, l’avreste trovata già caricata sul furgoncino.”

“Qualche idea del motivo di questa fretta?” chiese Ryan.

“No,” rispose la Caldwell nervosamente. “Ma non penso che fosse totalmente una sua idea. Era al telefono con qualcuno che sembrava dargli delle istruzioni. Solo dopo aver riagganciato ha iniziato a spingere per fare il più velocemente possibile.”

Jessie si avvicinò alla ragazza. La sua divisa da cheerleader, con scritte bianche e bordo nero, era molto comune. La scritta diceva solo “Central H.S.” La gonna era tirata giù fino a metà cosce.

“Lester ha detto che si era già diplomata, giusto?” ricordò Ryan. “Allora perché la divisa?”

“Vivo in questa zona da vent’anni e non riconosco questa scuola o questi colori,” disse la Caldwell. “Non penso sia vera.”

“Magari era un costume,” suggerì Jessie. “Fare la cameriera e recitare difficilmente sono attività reciprocamente esclusive.”

“È possibile,” confermò Ryan. “Odio dirlo, ma Costabile potrebbe anche avere ragione. Potrebbe essere un outfit che si era messa per… un cliente. Non deve essere passato inosservato qua in giro.”

Jessie annuì, dando voce alla propria teoria.

“Qualsiasi cosa stesse facendo, a meno che non avesse un fondo fiduciario, era molto più che un semplice lavoro da cameriera. Questo posto è carino. Le opere d’arte non sono economiche ed è chiaro che si occupava con cura di pelle e capelli, appoggiandosi ad assistenza professionale. Non faceva fatica a tirare avanti. Sappiamo se ha subito un’aggressione sessuale?” chiese alla Caldwell.

“Troppo presto per dirlo. Ne sapremo di più domani.”

“Dobbiamo assolutamente parlare presto con la compagna d’appartamento,” disse Ryan. “Magari lei può dirci se Michaela avesse ricevuto delle minacce ultimamente.”

Jessie annuì e guardò più attentamente le ferite da arma da taglio. Ce n’erano cinque nel petto e altre quattro all’addome.

“Qualcuno ha trovato l’arma del delitto?” chiese.

“C’è un coltello da macellaio mancante dal ceppo in cucina,” disse l’agente Lester, che aveva sentito la domanda. “Ma non siamo riusciti a trovarlo.”

“Strano,” notò Ryan.

“Cosa?” chiese Lester.

“Beh, se si tratta di un furto andato storto, ci si aspetterebbe che il colpevole fosse sorpreso di trovare Michaela nella stanza. La confusione generale qua dentro suggerisce una lotta. Ma se il colpevole non sapeva che lei era qui, come ha fatto a prendere il coltello? Difficile credere che sia corso in cucina a prenderlo e sia poi tornato in camera.”

“Magari le ha fatto perdere i sensi e poi ha preso il coltello?” suggerì Lester.

“Ma se le ha fatto perdere conoscenza e questa era una rapina, perché non limitarsi a prendere la roba e andarsene?” si chiese Jessie a voce alta. “A quel punto non avrebbe trovato nessuna resistenza. Andare a prendere il coltello, tornare nella stanza e pugnalare una ragazza svenuta per nove volte. Non mi sembra un comportamento tipico da ladro. Questo è un gesto a sangue freddo. Eppure…”

“Cosa?” la incitò Lester.

“È stato portato via il computer portatile,” disse, indicando la scrivania vuota. “E non abbiamo qui il suo telefono. Quindi è stata derubata. La domanda è: è stato un ripensamento? Era tutto preparato o quelle cose sono state prese per un motivo specifico? Qualsiasi sia il caso, direi che non c’è niente di chiaro e concluso.”

All’ultimo commento, Costabile, che se ne stava in silenzio in un angolo da qualche minuto, sobbalzò.

“Pensavo che avesse smesso di spargere diffamazione,” disse con tono acido. “Ma immagino fosse troppo da sperare.”

Jessie stava per ribattere, quando Ryan si intromise.

“Per ora lasciamo stare,” disse. “Dopotutto dobbiamo ancora parlare con la compagna d’appartamento. Andiamo, Jessie.”

Si incamminarono verso la porta, ma Ryan si fermò proprio mentre stavano per uscire. Chinandosi in avanti in modo che solo Costabile e Jessie potessero sentire, mormorò all’uomo un ultimo commento.

“Ma le devo dire, sergente, che se pensa che abbiamo finito di chiederle perché sta gestendo questo caso in modo così frettoloso, si sta tristemente sbagliando. Non so cosa lei stia nascondendo, ma questo caso puzza. Se pensa di poterci tenere sopra un coperchio, si sta prendendo in giro da solo.”

Costabile non rispose. Ma rivolse a Ryan un grosso sorriso malevolo che suggeriva quanto diversamente la pensasse.




CAPITOLO SEI


Per un secondo Jessie pensГІ che anche la coinquilina di Michaela fosse morta.

Nonostante le rassicurazioni degli infermieri del pronto soccorso, la ragazza non reagì quando aprirono il portellone dell’ambulanza e cercarono di richiamare la sua attenzione. Anche quando la chiamarono con quello che gli infermieri dissero essere il suo nomignolo preferito, Lizzie, non fece un solo movimento. Fu solo quando Ryan alzò la coperta termica in cui era avvolta che la ragazza diede il primo segno di vita.

“Che c’è?” chiese con voce stanca e scontrosa.

La ragazza sembrava essere negli ultimi anni dell’adolescenza. Anche se non aveva visto la camera di Lizzie, Jessie capì subito che si trattava di una personalità più contenuta rispetto alla compagna di appartamento. I capelli castani erano raccolti indietro e il trucco sul viso era quasi inesistente. Era vestita in modo molto conservatore, con una felpa con cerniera dell’Università Statale della California e un paio di pantaloni. Portava al collo un crocifisso.

Jessie guardГІ Ryan accigliata, non soddisfatta dalla sua tattica. Ma lui scrollГІ le spalle come a dire che aveva esaurito tutta la pazienza.

“Lizzie,” iniziò Jessie, usando la voce più empatica che le fosse possibile, “stiamo indagando su quanto successo e dobbiamo farti delle domande.”

“Mi hanno dato qualcosa,” disse Lizzie. “Mi sento un po’ strana.”

“Capiamo,” le assicurò Jessie mentre la aiutava a mettersi seduta. “E ti faremo portare in ospedale per fare un controllo subito dopo. Ma prima abbiamo bisogno di sapere alcune cose da te, va bene?”

“Va bene.”

“Come facevi a conoscere Michaela?” le chiese.

“Siamo andate a scuola insieme,” disse Lizzie, parlando lentamente, come se avesse bisogno di concentrarsi su ogni singola parola. “Lei ha finito prima, ma siamo rimaste in contatto. Quando mi sono diplomata abbiamo deciso di diventare coinquiline. Era una brava compagna d’appartamento.”

Jessie si voltГІ a guardare Ryan. La ragazza era davvero fuori combattimento. Sarebbe stato difficile cavarle fuori qualcosa. Lui inarcГІ le sopracciglia, frustrato. Jessie tentГІ di nuovo.

“Lizzie, Michaela aveva famigliari in zona?”

Con molto sforzo, Lizzie scosse la testa.

“E un ragazzo, o qualcuno con qui avesse magari recentemente litigato?”

“Nessun ragazzo,” rispose Lizzie pigramente.

“Magari un collega con cui aveva dei problemi?”

Gli occhi di Lizzie, fino a quel momento piuttosto appannati, si fecero piГ№ concentrati.

“Mick era una cameriera,” disse lei frettolosamente.

“Ok,” rispose Jessie, sorpresa dall’intensità della sua affermazione. “Aveva problemi con qualcuno al lavoro?”

“Era una cameriera,” ripeté Lizzie con veemenza.

Jessie si arrese e si voltГІ nuovamente verso Ryan.

“Penso che dovremo aspettare per parlarle. Non ha senso.”

“Sarebbe quello che preferirei anche io,” disse l’infermiere che si trovava lì vicino. “Dopo quello che ha passato, e con i medicinali che le abbiamo somministrato, vorrei davvero portarla dentro per farle dare un’occhiata.”

“Vada pure,” gli disse Ryan. “Passeremo di là a parlarle domani.”

Guardarono mentre Lizzie veniva assicurata alla barella e le porte dell’ambulanza si chiudevano. Mentre il veicolo partiva nel buio della notte, a Jessie venne in mente una cosa.

“Il detective della Valley non si è ancora visto.”

“Non sono sicuro che vogliamo essere qui quando arriverà,” le disse Ryan. “Non voglio che ci tempesti di domande sullo �schema investigativo’ che stiamo seguendo.”

“Non gli vuoi chiedere perché sia arrivato così tardi?” gli domandò Jessie sorpresa.

“Sì. Ma ho come la sensazione che andremmo a colpire lo stesso muro di mattoni che ci siamo trovati davanti con Costabile. Dobbiamo scoprire di più prima di pararci davanti a questi tizi.”

“Questo lo capisco,” gli disse Jessie. “Ma giusto per essere chiari, siamo d’accordo che c’è qualcosa di seriamente losco qui, giusto? Voglio dire, quel Costabile sembra più un capo della mafia che un sergente della polizia. O magari è il Don Corleone dell’ufficio della Valley.”

Ryan la guardГІ, chiaramente a disagio con le sue parole, ma non cercГІ di controbattere. Jessie decise di lasciarlo stare e continuГІ a parlare prima che lui potesse risponderle.

“Non penso che tireremo fuori niente di utile stasera.” Sospirò.

“No. Sarà meglio riprendere la cosa per mano domattina. A quel punto Lizzie sarà più coerente. La Caldwell potrebbe avere qualcosa di più definito sulla potenziale aggressione sessuale e potremo vedere se qualcuno ha tentato di vendere il portatile o il telefono di Michaela.”

“Ok,” disse Jessie riluttante. “Una cosa la sappiamo per certo. La tua Cathy Bla-bla aveva ragione. C’è decisamente qualcosa di poco chiaro in questo caso.”


*

Hannah era sveglia quando Jessie tornГІ a casa.

La ragazza quasi non alzò lo sguardo dal film che stava guardando quando lei entrò. Era quasi l’una di notte e domani sarebbe dovuta andare a scuola, ma Jessie non aveva energie per mettersi a discutere.

“È stata una lunga serata,” disse. “Vado a letto. Puoi abbassare il volume per favore e cercare di andare a letto presto, in modo da essere in forma domani?”

Hannah abbassГІ il volume di qualche tacca, ma per il resto non diede alcun cenno di aver sentito le parole della sorellastra. Jessie rimase sulla soglia della sua camera da letto per qualche secondo, dibattuta se tentare di nuovo. Ma alla fine decise che non ne valeva la pena e si limitГІ a chiudere la porta.

Dormì un sonno inquieto quella notte. Non era una cosa insolita. Negli ultimi anni aveva potuto contare su regolari incubi centrati sugli uomini che avevano costituito una minaccia per la sua vita. Erano generalmente un mix in cui comparivano il suo ex-marito, suo padre e Bolton Crutchfield.

Ma questa notte, come molte delle notti recenti, i suoi sogni furono centrati su Hannah. La sua mente era scossa da un vortice di immagini sconnesse, alcune della ragazza in pericolo nelle mani di un aggressore mascherato, altre in cui camminava indifferente verso il pericolo.

Ma il sogno che la preoccupò di più fu l’ultimo, in cui Hannah sedeva a un tavolo, sorridendo noncurante mentre un cameriere non identificabile le serviva un piatto pieno di parti di corpo umano. Si stava proprio portando una forchettata di carne umana alla bocca quando Jessie si svegliò di soprassalto, madida di sudore e con il respiro affannoso.

I primi raggi di sole del mattino filtravano attraverso una fessura tra le tende. Jessie si mise a sedere, ruotò le gambe fuori dal lato del letto e si appoggiò la testa tra le mani. La fronte le batteva dolorante e sentiva un vago senso di nausea. Mentre prendeva dell’ibuprofene e una bottiglietta di Pepto-Bismol, cercò di non interpretare troppo i sogni fatti.

Sapeva per esperienza che non erano tanto premonitori, quando una manifestazione delle sue paure. Faceva sogni del genere perchГ© temeva per il futuro di Hannah, non perchГ© quello che vi vedeva fosse destinato a divenire realtГ .

Almeno questo era ciГІ che continuava a ripetersi.




CAPITOLO SETTE


Nonostante la sua stanchezza, Jessie era elettrizzata mentre andava verso la centrale.

Era riuscita a trascinare Hannah fuori dalla porta solo con dieci minuti di ritardo questa mattina e aveva immaginato che beccando solo pochi semafori rossi, sarebbe comunque arrivata al lavoro prima che ci fosse troppa confusione. Voleva un po’ di tranquillità per potersi concentrare sul caso di Michaela Penn, che le sembrava sempre più losco ogni volta che ci pensava.

Perché gli agenti sulla scena volevano chiudere il caso e liquidarlo così rapidamente? Perché il detective non era arrivato più velocemente, se mai era poi arrivato? Cos’aveva indotto Cathy Bla-bla a chiamare Ryan? Il sesto senso di Jessie le stava gridando che qui si trattava di ben più di una semplice rapina. Nove pugnalate le sembravano una cosa molto personale.

Eppure, come le avevano ripetutamente ricordato durante le sue dieci settimane di addestramento all’Accademia dell’FBI che aveva frequentato, il suo sesto senso non poteva sostituire le prove. Solo perché una persona o uno scenario sembravano sospetti, questo non si poteva considerare come prova di nulla. Per Jessie, che aveva superato con eccellenza quasi tutti i test che le avevano fatto fare a Quantico, imparare quella lezione a memoria era stata la cosa più difficile.

Quando arrivò alla sua scrivania alle 7:33, l’ufficio centrale era ancora poco popolato. Sapeva di avere circa mezz’ora prima che le cose cambiassero, quindi si tuffò a capofitto. Prima chiamò l’ufficio del medico legale della Valley per sapere dei risultati che potevano essere saltati fuori. Maggie Caldwell non c’era. Ma secondo Jimmy, il tipo che le aveva risposto, la donna gli aveva dato istruzioni di passare ogni aggiornamento se qualcuno della stazione centrale avesse chiamato. Almeno la Caldwell non sembrava essere parte dell’operazione – qualsiasi essa fosse – che il sergente Costabile stava portando avanti.

Secondo Jimmy, Michaela era stata aggredita sessualmente prima di morire. Ma a quanto pareva l’aggressore aveva usato un preservativo e poi l’aveva riempita di una sorta di disinfettante che preveniva la giacenza di ogni utilizzabile traccia di DNA. Stavano aspettando di vedere se altri test dettagliati potessero offrire qualcosa di più, ma non era molto ottimista.

La chiamata successiva fu all’ospedale per controllare le condizioni di Lizzie. Mentre aspettava in linea per avere un aggiornamento, i suoi pensieri tornarono ad Hannah. Le somiglianze tra lei e Michaela Penn non le erano sfuggite. Entrambe le ragazze avevano diciassette anni. Entrambe avevano frequentato scuole private nella Fernando Valley. Sembrava che entrambe fossero state costrette a crescere più velocemente del necessario. Jessie si chiese quali altri elementi avessero in comune.

Un’infermiera venne al telefono, risvegliandola dai suoi pensieri. A quanto pareva Lizzie era ancora sedata. L’infermiera disse che probabilmente si sarebbe svegliata per metà mattinata e le suggerì di aspettare fino ad allora per una visita.

Dopodiché Jessie chiamò la stazione di Van Nuys e chiese dell’agente Burnside, quello che stava di guardia fuori dal condominio. Fra tutti i poliziotti che aveva incontrato ieri notte, lui era quello che le sembrava più a suo agio con l’intera situazione. Sperava di potergli cavare fuori qualche dettaglio. Gli dissero che aveva appena terminato il turno, dalle 19 della sera precedente alle 7.

Con un po’ di persuasione, riuscì a convincere il sergente di scrivania a darle il numero di cellulare del giovane. La sua speranza che fosse sveglio e stesse andando a casa fu ricompensata quando l’uomo rispose alla chiamata al secondo squillo.

“Pronto?” disse esitante.

“Agente Burnside? Sono Jessie Hunt. Ci siamo incontrati ieri notte sulla scena del delitto della Penn.”

“So chi è lei,” disse lui con voce cauta.

Percependo la sua intensa insicurezza, Jessie era dibattuta se tentare di metterlo a suo agio o accettare il suo disagio nell’affrontare la situazione. Decise che essere diretta era la mossa più intelligente.

“Senta, Agente, so che lei non impazzisce dal desiderio di fare questa telefonata. E io non voglio metterla in nessuna situazione difficile, quindi sarò breve.”

Fece una pausa, ma non ottenendo risposta, continuГІ.

“Mi stavo chiedendo se lei avesse ricevuto nessun aggiornamento sullo stato del telefono o del portatile di Michaela. Il telefono squilla? Che lei sappia, ci sono stati tentativi di dare in pegno il computer?”

Dopo un certo silenzio, Burnside finalmente rispose.

“Penso che lei farebbe meglio a seguire i canali ufficiali, signorina Hunt.”

Sembrava imbarazzato a dirlo e Jessie decise di usarlo a proprio vantaggio.

“Penso che entrambi sappiamo come andrebbe, agente. Correrei in cerchio per ore. Senta, non le sto dicendo di dirmi perché la scena del crimine sia stata gestita in maniera così poco professionale. Non le sto chiedendo di spiegarmi perché quasi ogni poliziotto sul posto si stesse comportando come se fosse colpevole di qualcosa. Le sto solo chiedendo se si hanno notizie di telefono o computer portatile.”

AspettГІ e potГ© quasi sentire il cervello di Burnside che lavorava durante quella pausa di silenzio.

“Io non le ho detto niente, ok?” insistette.

“Certo che no.”

“Ancora nessuna notizia sul portatile. Stiamo ancora aspettando. Anche il telefono non è ancora stato trovato. Ma siamo risaliti all’ultima posizione nota, a pochi isolati di distanza. Abbiamo trovato la SIM in un vicolo, o almeno quello che ne era rimasto. Era stata spaccata e, da quello che sembra, bruciata.”

“Mi sembra insolitamente accurato per un ladro, non pensa?” notò Jessie. “Quasi come se il colpevole avesse più interesse a tenere nascosti i dati del telefono di Michaela che impossessarsi del dispositivo in sé.”

“Non so cosa dirle, signorina Hunt,” rispose Burnside.

“No, certo che no. Sempre appurato che questa conversazione non si sta ufficialmente svolgendo, c’è qualcos’altro che lei voglia dirmi riguardo a ciò che è accaduto ieri notte?”

Altro silenzio, mentre Burnside soppesava la sua risposta.

“Non ho nient’altro da condividere con lei riguardo a ieri notte,” disse infine. “Ma le dirò questo. Andando avanti, probabilmente vorrà lasciar perdere questa storia, signorina Hunt. Sono certo che non vorrà farlo, e so dalla sua reputazione che lasciar perdere non è proprio una sua abitudine. Ma potrebbe forse venirle voglia di ripensarci.”

“Perché?”

“Devo andare, signorina Hunt. Ma le auguro il meglio. Abbia cura di sé.”

Prima che potesse rispondergli, l’agente riagganciò. Jessie stava pensando se richiamarlo, quando vide Garland Moses entrare in ufficio e dirigersi verso le scale che conducevano al suo piccolo sgabuzzino al secondo piano. Al solito, il leggendario profiler appariva come un professore trasandato e distratto, con i capelli grigi spettinati, gli occhiali in precario equilibrio sul naso e la giacca sportiva che lo faceva sembrare più piccolo. Jessie si alzò in piedi e lo inseguì.

“Ehi, Garland,” disse, raggiungendolo alla base delle scale e salendo insieme a lui. “Non potrai mai immaginare chi ho incontrato ieri.”

“Non dovresti sfidarmi così, signorina Hunt,” le rispose facendole l’occhiolino. “Vivo risolvendo indovinelli, sai.”

“Ok, allora rispondi pure,” lo canzonò lei.

“La mia risposta è: la dottoressa Janice Lemmon,” le disse con tono indifferente.

“Come fai a saperlo?”

“Facile. Sai che la conosco e sembravi deliziata dall’informazione quando l’hai scoperto. E poi il tuo attuale tono spettegolante da adolescente suggerisce che chiunque fosse, era una persona che tu credi in qualche modo collegata a me in modo personale. Questo limita di molto le opzioni. Quindi, la dottoressa Lemmon.”

“Impressionante,” ammise Jessie.

“E comunque mi ha chiamato e mi ha avvisato che stai andando a caccia di informazioni,” le disse con voce sarcastica.

“Capisco,” disse Jessie, frastornata. “Voi due chiacchierate spesso al telefono?”

“Mi sembra di essere stato catapultato in un romanzo di Jane Austen, dove tu sei la protagonista che tesse complotti. Ti prego, dimmi che non mi hai avvicinato adesso solo per affinare le tue abilità nel combinare incontri, signorina Hunt.”

“Non è il solo motivo, Garland. Ho un piacere da chiederti.”

“Che cosa?” le chiese, mentre raggiungevano la sommità delle scale.

“Speravo di poterti presentare la mia sorellastra Hannah.”

“Ah sì, la ragazza che hai salvato dal serial killer.”

“La ragazza che tu mi hai aiutato a salvare,” lo corresse Jessie. “Se non fosse stato per il tuo suggerimento, non l’avrei mai trovata.”

“Come sta?” le chiese, scansando il complimento.

“Speravo potessi dirmelo tu. Ho pensato che potremmo organizzare una specie di incontro casuale, in modo che tu possa giudicare da te.”

Garland la guardГІ con disapprovazione, mentre si avvicinavano alla porta del suo ufficio.

“Quindi vuoi presentarmi sotto false pretese in modo che possa delineare un suo profilo, perché sei preoccupata che possa avere un po’ della natura del serial killer?”

“Non la metterei proprio così,” protesto Jessie. “Ma… sì.”

“Non mi sento perfettamente a mio agio con questa cosa,” le disse aprendo la porta. “Non penso che sia corretto nei confronti della ragazza e temo che questo potrebbe erodere ulteriormente la fiducia che a entrambe decisamente già manca.”

“Come puoi sapere che…”

“Però devo ammettere che sarei curioso di incontrare questa ragazza. Sembra davvero una dura. Sono disposto a farlo. Passare quello che ha passato ed essere ancora moderatamente in forma? Piuttosto incredibile. Non posso garantire niente più di una chiacchierata. Se accetti queste condizioni, sono d’accordo.”

“Prendo quello che posso,” disse Jessie.

“Molto bene allora. Possiamo parlare più tardi per organizzare qualcosa,” le disse, poi le sbatté la porta in faccia.

In circostanze normali Jessie si sarebbe offesa. Ma decise di accontentarsi di quello che aveva ottenuto. Garland aveva accettato di incontrare Hannah. E quando l’avesse fatto, Jessie era sicura che sarebbe stato in grado di aiutarla. Anche inconsciamente, aveva finito con il delineare un profilo di lei stessa. Ce l’aveva nel sangue, proprio come lei.

Era il loro lavoro.




CAPITOLO OTTO


Quando Ryan arrivГІ, Jessie aveva giГ  la testa fumante.

Aveva passato il resto della mattinata a ricercare piГ№ informazioni possibili su Michaela Penn. Lui era appena arrivato alla sua scrivania che lei aveva giГ  iniziato a tempestarlo di dettagli.

“C’è qualcosa che non quadra con questa ragazza,” disse, prima che il collega si fosse seduto.

“Buongiorno Jessie,” le rispose. “Come stai?”

“Buongiorno,” disse lei, offrendogli un veloce sorriso come unico convenevole di interazione umana. “Come sto? Sono confusa. Michaela Penn è una vera contraddizione. È una ragazza che si è diplomata in una prestigiosa scuola femminile cattolica con un anno di anticipo, usufruendo di una borsa di studio accademica. Era legalmente emancipata all’età di sedici anni. Tutto molto impressionante, giusto?”

“Giusto,” confermò Ryan, chiaramente rassegnato ad abbandonare i saluti.

“Ma il motivo per cui ha ricevuto l’approvazione per la sua indipendenza è che suo padre, che ora vive vicino a Lake Arrowhead, abusava di lei. È stata capace di fornire prova al tribunale che per lei fosse molto meglio stare per conto proprio.”

“E la madre?”

“Sua madre è morta di cancro alle ovaie quando lei aveva sette anni.”

“Nessun altro parente?” chiese Ryan.

“Non in California.”

“Dove viveva allora?”

“Fino al diploma, stava presso il dormitorio della scuola. Dopodiché ha cambiato tre diversi appartamenti prima di stabilirsi in quello dove è stata ritrovata la scorsa notte. Nessuno degli altri era un posto neanche lontanamente carino come quello.”

“Quindi come poteva permettersi quel posto?” si chiese Ryan.

“È una buona domanda. Come ha detto Lizzie, è una cameriera. Lavora da Jerry sulla Ventura Boulevard. E secondo il suo capo, lavorava solo part-time. Di certo non poteva bastarle per pagare il posto in cui viveva, meno che meno le opere d’arte e i dispositivi elettronici che abbiamo visto.”

“Qualche indizio dalle sue pagine social?” chiese Ryan, accendendo finalmente il suo computer.

“Finora no,” ammise Jessie. “Ho guardato i suoi account Facebook, Instagram, Twitter, Snapchat, WhatsApp, Tumblr e Whisper, insieme a tutto il resto che ho trovato. È roba piuttosto standard: selfie in spiaggia, foto con amici ai concerti, meme divertenti, citazioni motivanti, miriadi di emoticon. Nessun commento maligno. È quasi… troppo normale.”

“Cosa significa?”

“È difficile da spiegare. So che i social della gente sono generalmente curati al fine di proiettare la migliore immagine possibile. Ma i suoi sono instancabilmente normali: niente di controverso, niente che possa apparire rivelatore. Impersonali. Dopo aver guardato tutto, non ho avuto la sensazione di conoscerla meglio di prima. Mi ha dato l’idea di un puzzle con diversi pezzi mancanti.”

“Quindi là dentro non c’è nulla che possa spiegare il motivo per cui qualcuno l’avrebbe ammazzata a pugnalate?” chiese Ryan con tono asciutto.

“No,” disse Jessie. “E neanche il perché un gruppo di poliziotti dovrebbero tentare di chiudere le indagini prima ancora del loro inizio. Ad ogni modo, prima ho parlato con Burnside, l’agente che stava fuori dall’edificio ieri sera. Fondamentalmente mi ha implorata di lasciar perdere il caso. Sembrava che fosse sinceramente preoccupato per me.”

“Magari pensa che Costabile possa tentare di prenderti a botte alla fine della scuola.”

Prima che lei potesse rispondere, il capitano Decker fece capolino con la testa fuori dal suo ufficio e li chiamГІ dentro.

“Hernandez, Hunt, devo scambiare con voi due parole, per favore.”

Jessie guardò Ryan, che aveva un’espressione rassegnata in volto.

“Cosa c’è?” gli chiese.

“È la sua voce da �adesso vi cazzio’,” le disse alzandosi in piedi. “Posso solo immaginare cosa gli abbiano raccontato quelli dell’ufficio della Valley.”

“Beh, ho una piccola cazziata da dargli pure io,” disse Jessie irrigidendosi mentre andava verso l’ufficio di Decker.

“Ottimo,” mormorò Ryan sommessamente alle sue spalle. Jessie finse di non sentirlo.

Entrarono in ufficio e trovarono il capitano Roy Decker in piedi dietro alla sua scrivania. Sembrava dieci anni più vecchio dei suoi sessant’anni. Magro, quasi calvo e con il volto scavato e fitto di rughe. Stava fissando accigliato lo schermo del suo computer. I suoi occhi rotondi erano intensamente concentrati e il suo lungo naso adunco sembrava puntare in modo accusatorio verso di loro.

“Sono venuto a sapere che vi siete esaltati un po’ ieri sera,” disse senza sollevare lo sguardo.

“Siamo incappati in un caso che presentava delle caratteristiche insolite,” rispose Ryan con tono evasivo.

“Beh, pare che il vostro coinvolgimento abbia destato l’interesse di alcuni dei nostri amici nell’ufficio della Valley,” rispose con voce neutra, che non tradiva alcuna emozione.

Jessie avrebbe voluto disperatamente rispondere. Ma per esperienza, sapeva che era meglio lasciare che fosse Ryan a spiegare le cose all’inizio. I suoi molti anni di servizio esemplare gli avevano guadagnato un certo favore a cui Jessie non era ancora arrivata.

“Signore,” disse Ryan con tono attento. “Penso che il loro interesse possa avere a che fare con il fatto che sono stati beccati in castagna. Stavano violando i protocolli a destra e a manca. Diavolo, stavano rimuovendo il corpo prima che il detective assegnato arrivasse sul posto. Non è certo stato il loro momento migliore.”

“Nel rapporto preliminare hanno trascurato di includere questo dettaglio,” riconobbe Decker. “Posso chiedervi prima di tutto cosa ci facevate lì? Non è esattamente la vostra zona.”

“Ero da quelle parti dopo cena e mi è giunta voce di una vittima che aveva ricevuto diverse pugnalate. Sono come una falena attratta dal fuoco con questo genere di cose e ho pensato che l’opinione della Hunt potesse essere di valore, quindi le ho chiesto di darmi una mano.”

Decker lo guardò. Jessie capì che non era cascato nella risposta incompleta e nebulosa che gli aveva fornito. Pensò che quello potesse essere il momento in cui avrebbe tirato in ballo la natura della loro relazione, che loro stavano ancora tenendo protetta. Ma probabilmente pensò che non valesse la pena di farlo.

“Beh, secondo il rapporto, il caso pare piuttosto chiaro e chiuso: un furto andato storto. Quindi immagino che sia possibile andare avanti senza ulteriori frizioni indesiderate tra i distretti.”

“A dire il vero, capitano,” disse Jessie, parlando per la prima volta, “non sono sicura che sia così semplice.”

“Certo che no,” disse Decker, che parve sprofondare ancora più dentro se stesso. “Vai avanti. Rovinami pure la giornata.”

“Non è mia intenzione farlo, signore,” disse lei, cercando di imbrigliare tutta la diplomazia di cui era capace. “Ma la scena non supporta la teoria che qui si tratti semplicemente di un furto andato storto. Non è stato rubato quasi niente. La SIM del telefono della vittima, che è stato portato via, è stata ritrovata completamente distrutta. L’assassino è andato nella camera da letto con l’arma del delitto, apparentemente con intenzione. La vittima è stata pugnalata nove volte, insolito come modus operandi di un topo d’appartamento. E anche dopo la morte della vittima, il posto è stato lasciato quasi intatto. Non sto dicendo che non sia stato per niente un furto. Ma caso chiaro e chiuso? Non credo.”

Avrebbe voluto proseguire, dire che qualcosa in quel caso puzzava da morire. Ma ritenendo che quell’ulteriore affermazione potesse essere controproducente, lasciò perdere.

Decker si sedette e chiuse gli occhi. Quando aprì la bocca, le labbra erano piegate in una smorfia.

“Cosa vorresti che facessi di questa informazione, signorina Hunt?”

“Capitano, penso che lei debba permetterci di seguire questo caso. Il ruolo del detective Hernandez ha come guida dell’HSS gli permette di assumersi qualsiasi caso del Dipartimento di Los Angeles che rientri nelle sue competenze. Ci lasci vedere dove porta questa cosa. Ci dia un giorno. Se non troveremo niente di interessante, chiuderemo bottega.”

Decker rimase seduto in silenzio per un momento, considerando la sua proposta.

“Purtroppo non è possibile,” disse, voltandosi verso Ryan. “Detective Hernandez, ho appena ricevuto notizia che la sua testimonianza nel caso dell’omicidio Barton è stata spostata da domani a oggi. Dovrà essere in tribunale entro le dieci di questa mattina.”

Jessie e Ryan si scambiarono un’occhiata abbattuta.

“Capitano,” lo implorò lui, “ora sono solo le otto e mezza. Lasci che inizi la procedura per farmi carico del caso. Magari possiamo condurre un’intervista con la compagna di stanza. Almeno intanto ci mettiamo in corsa.”

“Non posso fare tutto questo. Intendo sollevare gli agenti della Valley dal caso. La politica di quell’area è una cosa orribile. Ma posso offrire un compromesso. Farò sapere all’ufficio della Valley che l’HSS vuole operare insieme a loro, per condivisione di informazioni e raccolta di risorse. Questo vi consentirà accesso a testimoni e prove.”

“Ma dobbiamo accederci adesso, signore,” insistette Jessie, “mentre la pista è ancora calda.”

“Hunt, puoi cortesemente farmi finire prima di dettarmi la procedura da seguire?”

“Scusi, capitano,” disse Jessie, redarguendosi tacitamente per aver alienato l’uomo che in questo momento poteva essere loro di maggiore aiuto.

“Hernandez, tu prepari le carte, e appunta la Hunt come profiler per il caso, in modo da permetterle almeno gli interrogatori con la testimone,” disse. Poi si rivolse a Jessie: “Hunt, questo dovrebbe permetterti di interrogare di nuovo la compagna d’appartamento. Non appena le porte saranno aperte, la Valley non sarà più in grado di chiuderle.”

“Grazie, signore,” disse Jessie.

“Solo non travalicare, Hunt,” la implorò Decker. “So che non è facile per te. Ma attieniti agli interrogatori, lavoro che si può giustificare come attinente alla professione di un profiler. Sarai da sola per un po’, fino a che Hernandez non verrà fuori dal tribunale. Senza un poliziotto a farti da copertura, dovrai muoverti con maggiore leggerezza. È un concetto che ti suona famigliare, Hunt?”

“Vagamente, signore,” disse Jessie sorridendo. “Grazie.”

“Ti prego, fa che non me ne penta,” le disse il capitano, quasi implorandola.

Jessie rispose il piГ№ onestamente possibile.

“Farò del mio meglio.”




CAPITOLO NOVE


Jessie stava aspettando nella stanza d’ospedale quando Lizzie si svegliò.

La ragazza si guardò attorno, chiaramente disorientata. Jessie si alzò in piedi e le porse una tazza con la cannuccia. Lei succhiò voracemente l’acqua.

“Riesci a parlare?” le chiese Jessie mentre la giovane deglutiva.

“Dove mi trovo?” chiese lei con voce roca. “Tu chi sei?”

“Ti trovi nell’Ospedale Presbiteriano della Valley,” le spiegò Jessie con pazienza. “Io sono Jessie Hunt e faccio parte del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Ci siamo incontrate ieri notte, anche se eri decisamente sedata dai farmaci in quel momento. Hai ricordi di ieri notte?”

All’inizio Lizzie parve confusa. Ma poi i ricordi parvero tornare alla sua mente. In un istante fece una smorfia e chiuse con forza gli occhi.

“Ricordo,” disse sottovoce.

“Ricordi di aver parlato con me?”

“Non proprio.”

“Ok, allora ricominciamo da capo. Mi spiace, ma le domande che devo farti saranno difficili. Ma per scoprire cosa sia successo a Michaela…”

“Mick,” la corresse Lizzie. “Si faceva chiamare Mick.”

“Per scoprire cos’è successo a Mick, dovrò essere diretta e ho bisogno che tu sia onesta, ok? Non cercare di proteggere il suo ricordo trattenendo dettagli importanti. Tutto alla fine verrà fuori, quindi prima è, e meglio potremo lavorare. Siamo intesi?”

Lizzie annuì.

“Ok, partiamo da come facevi a conoscere Mick.”




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